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      Nè della legge si appagò gran fatto, come quella che non gli dava campo di pensar a suo modo e di specolare liberamente. Ne allentò lo studio e si dette alla lettura dei poeti latini e toscani2. Scrisse allora alcun bel sonetto, e cominciò a tradurre l'Eneide in ottava rima - parendogli, come scrisse poi al Magliabechi; che quel sovrano poeta da niuno fosse stato tradotto nel volgar nostro con quella dignità ch'e' meritava, ma non andò più in là del quinto libro.
      Ottenuto un luogo di scolaro nello studio di Pisa dal Principe Cardinal Leopoldo, udì i filosofi peripatetici che v'insegnavano; ma recatosi a noia quella servile filosofia, si sfogò contro in un capitolo bernesco. Si strinse allora d'amistà con un giovane dei Galilei3, ch'era altresì in Sapienza e dando insieme opera allo studio dei Classici, talvolta per più ricreare lo spirito apersero al pubblico scena inaspettatamente e talvolta sulla cetra che ciascuno di loro sapeva maestrevolmente toccare, all'improvviso cantarono versi tali che ne stupirono gli ascoltanti. Ora abbattutosi a sentirli il gran matematico Gian Alfonso Borelli, ammirando l'ingegno del nostro Alessandro, s'invaghì d'introdurlo allo studio delle matematiche e della filosofia esperimentale; nelle quali discipline fece sì gran progresso, che prima anche di dottorarsi ebbe la lettura straordinaria di filosofia e nel 1659, anno del suo dottorato in filosofia e medicina, ebbe una lettura di Logica in quell'Università. Il Borelli fattoselo commensale, lo diè per ripetitore ai propri scolari, tra' quali era Lorenzo Bellini4. Ebbe la cattedra di filosofia straordinaria che ritenne per anni otto, ed allora nelle lezioni, nelle dispute, nei circoli, e nei colloqui promosse lo studio della filosofia sperimentale, e il Malpighi gli scriveva di Bologna il 4 gennaio 1661: "Dal signor Borelli già intesi che con suo onore e sommo applauso frammetteva cose nuove nel leggere, e spero che a poco a poco si potranno addomesticare queste bestie selvaggie.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





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