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      Forse in fisica, in metafisica, in ottica, in meccanica, in astronomia, o in altra nobile professione? Ma quando ha egli in alcuna di queste dato mai saggio al mondo di saper nulla? Resta dunque ch'ei non fosse in nessun modo scolare del Galileo, ma al più al più lo servisse per guida, quand'era cieco, o per scriverli qualche lettera o per andare a farli qualche imbasciata.
      Il Nelli avi à ragione sul punto dell'imperizia del Marchetti in geometria, avendo sì buoni mallevadori come il Ricci ed il Viviani; ma ha torto nel premer tanto sulla condanna del volgarizzamento del Lucrezio, e nel lodare la somma saviezza del Viviani, a far la corte ai Gesuiti, nemici del Galileo, e d'ogni progresso delle scienze, quando ne portan pericolo le loro dottrine. Il Marchetti mostra essere stato uno spirito libero, e miglior seguace dell'indirizzo fondamentale della filosofia del Galileo che il Viviani, il quale coltivava soltanto la parte scientifica pura, e si peritava di toccar quella che diremo scientifico-morale, ch'è po' poi finalmente la più alta e importante, come quella che tende a liberare da ogni ceppo teologico lo spirito, aprendogli tutta la distesa de' cieli, e dandogli ali da scorrerli signorevolmente. Ora il volgarizzamento del Lucrezio era l'ultima conseguenza della libertà di filosofare propugnata e confessata col suo martirio dal Galileo; e se il Marchetti non fu un geometra, fu per ventura buon poeta; se no diremmo ch'e' fosse alla scuola del Galileo quel che il D'Holbach fu alla scuola dei D'Alembert e dei Diderot.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





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