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      Ond'è ben verisimile che molteCose molti fra lor corpi comuni
      Abbian, come le voci han gli elementi,
      Anzi che sia senza principio alcuna.
      In somma: ond'è che non formò naturaUomini tanto grandi e sì robusti,
      Che potesser co' piè del mar profondoVarcar l'acque sonanti e con la mano
      Sveller dall'imo lor l'alte montagneE viver molt'etadi e molti secoli?
      Se non perchè prescritta è la materiaOnde ogni cosa si produce ed onde
      Composto è ciò che nasce? Or ecco dunqueChe nulla mai si può crear dal nulla,
      Mentre di seme ha di mestiere il tuttoPer uscire a goder l'aura vitale.
      Al fin: perchè veggiamo i culti luoghiDegl'inculti più fertili, e per l'opra
      Di rozze mani industrïose i loroFrutti produr molto più vaghi all'occhio,
      Più soavi al palato e di più sanoNodrimento allo stomaco; e' n'è pure
      Chiaro che d'ogni cosa in grembo i semiStanno alla terra e che da noi promossi
      Sono a nuovo natal, mentre, rompendoCol curvo aratro e con la vanga il suolo,
      Volghiam sossopra le feconde zolle,
      Domandole or col rastro or con la marra:
      Chè, se questo non fosse, ogni faticaSarebbe indarno sparsa, e per sè stesso
      Produrrebbe il terren cose migliori.
      Sappi oltre a ciò che si risolve il tuttoNe' suoi principii, e che non può natura
      Alcuna cosa annichilar giammai.
      Chè, se affatto mortali e di caduchiSemi fosser conteste, all'improvviso
      Tutte a gli occhi involarnesi e perireDovrian le cose, ove mestier di forza
      Non fôra in partorir discordia e liteFra le lor parti e l'unïon disciorne.
      Ma, perchè seme eterno il tutto forma,
      Quindi è che nulla mai perir si vede


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330