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      Fiorir si mira, e le fronzute selvePiene di nuovi innamorati augelli
      Cantan soavi armonïose note.
      Quindi pe' lieti paschi i grassi armentiPosan le membra affaticate e stanche,
      E dalle piene mamme in bianche stilleGronda sovente il nutritivo umore,
      Onde i nuovi lor parti ebri e lasciviCon non ben fermo piè scherzan per l'erbe.
      Dunque affatto non muor ciò che ne sembraMorir quaggiù, se la natura industre
      Sempre dell'un l'altro ristora; e maiNascer non puote alcuna cosa al mondo,
      Se non se prima ne perisce un'altra.
      Or; poi che chiaramente io t'ho dimostroChe nulla mai si può crear dal nulla
      Nè mai cosa creata annichilarsi,
      Acciò tu non pertanto i detti mieiNon creda error, perchè non puoi cogli occhi
      Delle cose veder gli alti principii;
      Pensa oltre a ciò quant'altri corpi sonoInvisibili al mondo, e pur deggiamo
      Confessar ch'e' vi sono a viva forza.
      Pria: se vento gagliardo il mare sferzaCon incredibil vïolenza ignota,
      Le smisurate navi urta e fracassa;
      Or ne porta sull'ali atre tempeste,
      Or via le scaccia e ne fa chiaro il giorno;
      Talor pe' campi infurïato scorreCon turbo orrendo, e le gran piante atterra;
      Talor col soffio impetuoso svelleLe selve annose in su gli eccelsi monti:
      Così gorgoglia l'Ocean cruccioso,
      Geme, freme, s'infuria e 'l ciel minaccia.
      Son dunque i venti un invisibil corpo,
      Che la terra che 'l mar che 'l ciel profondoTrae seco a forza e ne fa strage e scempio;
      Nè in altra guisa il suo furor distende,
      Che suol repente in ampio letto accoltaLa molle acqua cader gonfia e spumante,
      Che non pur delle selve i tronchi busti


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Ocean