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      Tutto ciò che si crea foco sarebbe.
      Ma cosi va, s'io non m'inganno: alcuniCorpi sono nel mondo, i cui concorsi,
      Gli ordini i moti le figure i sitiFar ponno il foco, e l'ordin poi mutando
      Mutan anco natura, e più non sonoO foco o fiamma od altro corpo ardente
      Che vibri al senso le sue parti e possaToccar con l'accostarsi il nostro tatto.
      Il dir poi ch'ogni cosa è foco puroE che nulla è di vero altro che 'l foco,
      Com'Eraclito volle, a me rassembraSogno d'infermi o fola di romanzi:
      Poich'al senso repugna il senso stesso,
      E quello snerva ond'ogni creder pendeE onde egli medesimo conobbe
      Quel corpo che da noi foco si chiama;
      Già ch'ei crede che 'l senso il foco soloVeramente conosca e poi null'altro
      Di quel che punto è non men chiaro al senso.
      Il che falso non pur, ma parmi ancoraSogno d'infermi o fola di romanzi.
      Ch'ove ricorrerem? qual cosa a noiFia più certa giammai de' nostri sensi,
      Onde il vero dal falso si discerna?
      In oltre: ond'è che tu piuttosto ogni altraCosa tolga dal mondo, e lasci solo
      La natura del caldo, il che poi neghiEsser il foco, e non pertanto ammetta
      La somma delle cose? a me par certoTanto l'un quanto l'altro egual pazzia.
      Quindi; chi si pensò che delle coseFosse il foco materia e che di foco
      Potesse al mondo generarsi il tutto,
      E chi fe primo seme o l'aria o l'acquaO pur la terra per sè stessa e volle
      Ch'una sol cosa si trasformi in tutte,
      Par che lungi dal vero errando gisse.
      Aggiungi ancor chi delle cose addoppiaGli alti principii e l'aria aggiunge al foco
      O la terra all'umore, e chi si pensa


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Eraclito