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      Come sian misti i primi semi e postiE quai moti fra lor diano e ricevano;
      E puon gli stessi varïati alquantoFar le legna e le fiamme, appunto come
      Puon gli elementi varïati alquantoFormare et arme et orme e rima e Roma.
      Al fin: se ciò ch'è manifesto agli occhiCredi che non si possa in altra guisa
      Crear che di materia a lui simíle,
      Perdi 'n tal modo i primi semi affatto;
      Poich'è mestier che tremoli e lasciviSi sganascin di risa, e che di lagrime
      Bagnino amaramente ambe le guance.
      Su dunque or odi, e viepiù chiaro intendiCiò che da dir mi resta. E ben conosco
      Quanto sia malagevole ed oscuro:
      Ma gran speme di gloria il cor percossoM'ha già con sì pungente e saldo sprone,
      Et insieme ha svegliato entro al mio pettoUn così dolce delle muse amore,
      Ch'io stimolato da furor divinoPiù di nulla non temo, anzi sicuro
      Passeggio delle nove alme sorelleI luoghi senza strada, e da nessuno
      Mai più calcati. A me diletta e giovaGire a' vergini fonti e inebrïarmi
      D'onde non tocche. A me diletta e giovaCoglier novelli fiori, onde ghirlanda
      Peregrina ed illustre al crin m'intrecci,
      Di cui fin qui non adornâr le museLe tempie mai d'alcun poeta tôsco.
      Pria, perchè grandi e gravi cose insegno,
      E seguo a liberar gli animi altruiDagli aspri ceppi e da' tenaci lacci
      Della religïon; poi, perchè cantoDi cose oscure in così chiari versi,
      E di nèttar febeo tutte le spargo.
      Nè questo è, come par, fuor di ragione:
      Poichè; qual, se fanciullo a morte langue,
      Fisico esperto alla sua cura intentoSuol porgergli in bevanda assenzio tetro,
      Ma pria di biondo e dolce mèle asperge


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Roma