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      L'orlo del nappo, acciò gustandol poiLa semplicetta età resti delusa
      Dalle mal caute labbra e beva intantoDell'erba a lei salubre il succo amaro,
      Nè si trovi ingannata anzi piuttostoSol per suo mezzo abbia salute e vita;
      Tal appunto or facc'io, perchè mi sembraChe le cose ch'io parlo a molti indòtti
      Potrian forse parer aspre e malvage,
      E so che 'l cieco e sciocco volgo abborreDa mie ragioni. Io perciò volsi, o Memmo,
      Con soave eloquenza il tutto espórti;
      E quasi asperso d'apollineo mèleTe 'l porgo innanzi, per veder s'io posso
      In tal guisa allettar l'animo tuo,
      Mentre tu vedi in questi versi mieiQuanto dipinta sia l'alma natura
      Vaga, adorna, gentil, leggiadra e bella.
      Ma; perch'io già mostrai che i primi corpiInfrangibili sono, e sempre invitti
      Volano eternamente; or su veggiamoSe la somma di tutti abbia prescritto
      Termine o no: e; perchè il vôto ancora,
      O luogo o spazio ove si forma il tutto,
      Parimente trovossi; esaminiamoS'egli sia circoscritto o pur s'estenda
      Profondissimamente in tratto immenso.
      Il tutto adunque in infinito è sparsoPer ogni banda: poich'aver dovrebbe
      Qualche termine estremo, il qual non puoteAver nulla giammai s'un'altra cosa
      Non è fuori di lui che lo circondi:
      Ma, perchè fuor del tutto esser non puoteNiente al certo, ei non ha dunque alcuno
      Termine o fine o mèta: e non importaIn qual parte tu sia; qualunque luogo
      Che tu possegga, d'ogni intorno lasciaEgualmente altro spazio in infinito.
      In oltre: dato che finito fosseTutto quant'è lo spazio, io ti domando:
      S'alcun giungesse all'ultimo confine


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo