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      Ricadendo posarsi, appunto comeVeggiam far delle cose ai simolacri
      Per entro alle chiar'onde e negli specchi):
      E nella stessa guisa ogni animaleVoglion che vaghi in terra, e che non possa
      Quindi altramente sormontare in cieloNulla che sia quaggiù, che i corpi nostri
      Possan leggieri e snelli a lor talentoVolarne all'etra ed abitar le stelle;
      Mentre alcuni di noi mirano il sole,
      Altri mirar della trapunta notteI lucidi carbonchi, e le stagioni
      Varie dell'anno e i giorni lunghi e i breviCon moto alterno esser fra noi divisi
      Dal gran pianeta che distingue l'ore.
      Ma tutto questo abbia pur finto ad essiUn vano error, poi che balordi e ciechi
      Per non dritto sentier s'incamminaro.
      Chè centro alcuno esser non puote al certoOve immenso è lo spazio; e, se pur centro
      Vi fosse, per tal causa ei non potrebbeIvi piuttosto alcuna cosa starsi
      Che in qualsivoglia regïon lontana.
      Poi ch'ogni luogo ed ogni vôto spazioE per lo centro e fuor del centro deve
      Egualmente lasciar libero il passoA peso eguale ovunque il moto ei drizzi:
      Nè l'intero universo ha luogo alcunoOve giungendo finalmente i corpi
      Perdono il peso e si ristian nel vôto:
      Nè ciò ch'è vôto resistenza farliPotrà giammai nè raffrenarli il corso,
      Ovunque la natura gli trasporti.
      Dunque le cose in guisa tale uniteStar non potranno a ciò forzate e spinte
      Dal nativo desio di gire al centro.
      In oltre: ancora essi non fan che tutteCorrano al centro, ma la terra e l'onde
      Del mar de' fiumi e delle fonti, e soloCiò ch'è composto di terreno corpo.
      Ma pel contrario poi voglion che l'aria


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330