Pagina (61/330)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ma nulla mai si può chiamar più dolceCh'abitar, che tener ben custoditi
      De' saggi i sacri templi onde tu possa,
      Quasi da rôcca eccelsa ad umil piano,
      Chinar tal volta il guardo, e d'ogn'intornoMirar gli altri inquïeti e vagabondi
      Cercar la via della lor vita, e sempreContender tutti o per sublime ingegno
      O per nobile stirpe, e giorno e notteDurare intollerabili fatiche
      Sol per salir delle ricchezze al sommoE potenza acquistar, scettri e corone.
      Povere umane menti, animi priviDel più bel lume di ragione, oh quanta
      Quant'ignoranza è quella che vi offende!
      Ed oh fra quanti perigliosi affanniPassate voi questa volante etade
      Che ch'ella siasi! Or non vedete apertoChe nulla brama la natura e grida
      Altro già mai, se non che sano il corpoStia sempre e che la mente ognor gioisca
      De' piaceri del senso e da sè lungiCacci ogni noia ed ogni tema in bando?
      Chiaro dunque n'è pur che poco è 'l nostroBisogno, onde la vita si conservi,
      Onde dal corpo ogni dolor si scacci.
      Che s'entro a regio albergo intagli auratiDi vezzosi fanciulli accese faci
      Non tengon nelle destre, ond'abbian lumeLe notturne vivande emulo al giorno;
      Se non rifulge ampio palagio e splendeD'argento e d'òr; se di soffitte aurate
      Tempio non s'orna e di canore cetreRisonar non si sente; ah che, distesi
      Non lungi al mormorar d'un picciol rioChe 'l prato irrighi, i pastorelli all'ombra
      D'un platano selvaggio, allegri dannoIl dovuto ristoro al proprio corpo;
      Massime allor che la stagion novellaGli arride e l'erbe di be' fior cosperge.
      Nè più tosto già mai l'ardente febbre


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330