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      Possan fermarsi, et è lo spazio vôtoD'ogn'intorno disteso in ogni parte
      Senza fin, senza meta e senza termine,
      Conforme innanzi io t'ho mostrato a lungoCon vive e gagliardissime ragioni.
      Il che pur noto essendo, alcuna quietePer lo vano profondo i corpi primi
      Non han già mai; ma, più e più commossiDa forza interna irrequïeta e varia,
      Una parte di lor s'urta e risaltaPer grande spazio ripercossa e spinta,
      Un'altra ancor per piccoli intervalliVien per tal colpo a raggrupparsi insieme,
      E tutti quei che, d'unïon più densaInsieme avviluppati ed impediti
      Dall'intrigate lor figure, ponnoSol risaltar per breve spazio indietro,
      Formano i cerri e le robuste querceE del ferro feroce i duri corpi
      E i macigni e i dïaspri e gli adamanti:
      Quelli che vagan poi pel vôto immensoE saltan lungi assai veloci e lungi
      Corron per grande spazio in varie parti,
      Posson l'aere crearne e l'aureo lumeDel sole e delle stelle erranti e fisse.
      Ne vanno ancor per lo gran vano errandoSenz'unirsi già mai, senza potere
      Accompagnar non ch'altro i propri moti.
      Della qual cosa un simulacro vivoSempre innanzi a' nostri occhi esposto abbiamo:
      Poscia che, rimirando attento e fiso,
      Allor che 'l sol co' raggi suoi penétraPer picciol fôro in una buia stanza,
      Vedrai mischiarsi in luminosa rigaMolti minimi corpi in molti modi,
      E quasi a schiere esercitar fra loroPerpetue guerre, or aggrupparsi ed ora
      L'un dall'altro fuggirsi e non dar sosta:
      Onde ben puoi congetturar da questoQual sia l'esser vibrati eternamente
      Per lo spazio profondo i primi semi.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330