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      L'ardor diffonde d'ogn'intorno e spargeDi lume il suol: verso la terra adunque
      Vien per natura anco l'ardor del sole.
      I fulmini volar miri a traversoLe grandinose piogge: or quinci or quindi
      Dalle nubi squarciate i lampi strisciano,
      E caggion spesso anco le fiamme in terra.
      Bramo, oltr'a ciò, che tu conosca, o Memmo,
      Che, mentre a volo i genitali corpiDrittamente all'ingiù vanno pel vôto,
      D'uopo è ch'in tempo incerto in luogo incertoSian fermamente da' lor propri pesi
      Tutti sforzati a declinare alquantoDal lor dritto vïaggio, onde tu possa
      Solo affermar che sia cangiato il nome,
      Poichè, se ciò non fosse, il tutto al certoPer lo vano profondo in giù cadrebbe
      Quasi stille di pioggia, e mai non fôraNato fra i primi semi urto o percossa,
      Onde nulla già mai l'alma naturaCrear potrebbe. Che se pure alcuno
      Si pensa forse ch'i più gravi corpiScendan più ratti per lo retto spazio
      E per di sopra ne' più lievi inciampino,
      Generando in tal guisa urti e percosseChe possan dare i genitali moti;
      Erra senz'alcun dubbio, e fuor di stradaDalla dritta ragion molto si scosta.
      Poscia che ben ciò che per l'aria e l'acquaCade all'ingiuso il suo cadere affretta
      E de' pesi a ragion ratto discende,
      Perchè il corpo dell'acqua e la naturaTenue dell'aria trattener non puote
      Ogni cosa egualmente e vie più prestoConvien che vinta alle più gravi ceda:
      Ma pel contrario in alcun tempo il vôtoIn parte alcuna alcuna cosa mai
      Non basta ad impedire, ond'ella il corsoNon segua ove natura la trasporta;
      Onde tutte le cose, ancor che mosseDa pesi disuguali, aver dovranno


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo