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      Debbon, benchè scabrosi, esser rotondi,
      Acciò che insieme agevolmente scorrerePossano al basso e lacerare i sensi.
      Ma; perchè tu più chiaramente intendaEsser misti co' lisci i rozzi e gli aspri
      Principii, onde ha Nettuno amaro il corpo;
      Sappi che dolce aver da noi si puoteL'acqua del mar, pur che per lungo tratto
      Sia di terra colata e caggia a stilleIn qualche pozza e placida diventi;
      Poscia che a poco a poco ella deponeDel suo tetro veleno i semi acerbi,
      Come quelli che ponno agevolmente,
      Stante l'asprezza lor, fermarsi in terra.
      Or, ciò mostrato avendo, io vo' seguireA congiunger con questo un'altra cosa
      Che quindi acquista fede: ed è che i corpiDella materia varïar non ponno
      Le lor figure in infinite guise:
      Chè, se questo non fosse, alcuni semiGià dovrebbon di nuovo ai corpi misti
      Apportar infinito accrescimento.
      Poichè non in qualunque angusta moleSi posson molto varïare insieme
      Le lor figure: con ciò sia che fingiCh'e' sian pur quanto vuoi minuti e piccoli
      I primi semi, indi di tre gli accresciO di poc'altri; e troverai per certo
      Che, se tu piglierai tutte le partiDi qualche corpo, e varïando i luoghi
      Sommi con gl'imi e co' sinistri i destri,
      Dopo ch'in ogni guisa avrai provatoQual dia specie di forme a tutto il corpo
      Ciascun ordine lor, nel rimanente,
      Se tu forse vorrai cangiar figure,
      Anco altre parti converratti aggiungere:
      Quindi avverrà che l'ordine ricerchiPer la stessa cagion nuove altre parti,
      Se tu forme cangiar vorrai di nuovo.
      Dunque col varïar delle figureS'augumentano i corpi: onde non dèi


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Nettuno