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      Ch'in ciò le cose a' lor principii sienoSimili nè dissimili. E, se forse
      Paresse a te che l'animo non possaVeder corpi cotali, erri per certo
      Lungi dal ver: poichè, se i ciechi nati,
      Che mai del sol non rimirâr la luce,
      Conoscon pur sol per toccarli i corpi,
      Benchè fin da fanciulli alcun coloreNon abbian visto, è da saper che ponno
      Anco le nostre menti aver notiziaDe' corpi affatto d'ogni liscio privi.
      Al fin; ciò che da noi nel buio oscuroSi tocca al senso dimostrar non puote
      Colore alcuno. Or, perch'io già convincoChe ciò succede, io vo' mostrarlo adesso.
      Poscia ch'ogni color del tutto in tuttiSi cangia: il che per certo a patto alcuno
      Far mai non ponno i genitali corpiChè forza è pur ch'invarïabil resti
      Di chi muor qualche parte, acciò le coseNon tornin tutte finalmente al nulla;
      Poichè, qualunque corpo il termin passaDa natura prescritto all'esser suo,
      Quest'è sua morte, e non è più quel desso:
      Per la qual cosa attribuir non dèiColore ai semi, acciò per te non torni
      Il tutto in tutto finalmente al nulla.
      Se in oltre i primi corpi alcun coloreNon hanno, hanno però forme diverse
      Atte a produrli e varïarli tutti.
      Con ciò sia che, oltre a questo, importa moltoCome sian misti i primi semi e posti;
      Acciò tu possa agevolmente addurrePronte ragioni, ond'è che molti corpi
      Che poc'anzi eran neri in un momentoDi marmoreo candor se stessi adornino,
      Com'il mar, se talvolta irato il turbaVento che spiri dall'arene maure,
      Cangia in bianco alabastro i suoi zaffiri.
      Poscia che dir potrai che spesso il nero,
      Tosto ch'internamente agita e mesce


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330