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      Che rimira per lor come per dueSpalancate finestre, a me per certo
      Difficil sembra e che 'l contrario a puntoDegli occhi stessi ne dimostri il senso;
      Massime allor che per soverchia luceNe vien tolto il veder de' rai del sole
      L'aureo fulgor, perchè da' lumi i lumiSon tal volta oscurati. Or ciò non puote
      Alle porte accader; chè gli usci apertiD'onde noi riguardiamo alcun travaglio
      Non han già mai. Ma se i nostr'occhi in oltre,
      Ci servon d'usci, ragionevol parmiChe, traendoli fuor, debba la mente
      Meglio veder senza le stesse imposte.
      Nè qui ricever dèi per cosa vera,
      Ben che tal la stimasse il gran Democrito,
      Che del corpo e dell'alma i primi semiPosti l'un presso all'altro alternamente
      Varie faccian le membra e si colleghino.
      Poichè non sol dell'anima i principiiSon di quegli del corpo assai minori,
      Ma gli cedon di numero e più rariSon dispersi per esso: onde affermare
      Questo solo potrai, che tanti spaziDenno appunto occupar dell'alma i semi,
      Quanti bastano a noi per generareI moti sensitivi entro alle membra.
      Poichè tal volta non sentiam la polveNè la creta aderente al nostro corpo,
      Nè la nebbia notturna, nè le teleDe' ragni allor che nell'andarli incontro
      Vi restiamo irretiti, nè la spogliaDegli stessi animai quando sul capo
      Ci casca, nè le tele degli uccelli,
      Nè de' cardi spinosi i fior volanti,
      Che per soverchia leggerezza in giusoCaggion difficilmente: e non sentiamo
      Il cheto andar d'ogni animal che repa,
      Nè tutti ad uno ad uno i segni impressiIn noi dalle zanzare. In cotal guisa
      D'uopo è che molti genitali corpi


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Democrito