Pagina (135/330)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Dirsi di cuor l'un l'altro - È breve il fruttoDel bere, il già godemmo, e nel futuro
      Forse più no 'l godrem; - quasi il maggioreMal che la tomba a questi tali apporti
      Sia l'esser dalla sete arsi e consunti,
      O dall'arida terra o da qualunqueAltro desio miseramente afflitti.
      Ma nè la vita sua nè sè non cercaAlcun, mentre di par giace sopito
      In placida quïete il corpo e l'alma:
      Onde apprender ben puoi ch'a noi convieneDormir sonno perpetuo, e non ci punge
      Di noi medesmi desiderio alcuno:
      E pur dell'alma i primi semi alloraNon lungi per le membra errando vanno
      Ai sensiferi moti, anzi si destaL'uom per sè stesso. Molto meno adunque
      Creder si dee ch'appartener si possaLa morte a noi, se men del nulla è nulla:
      Poichè più dissipata è nel feretroL'unïon de' principii, e mai nessuno
      Svegliossi dopo che seguìo la freddaPausa della sua vita una sol volta.
      Al fin; se voci la natura stessaFuor mandasse repente ed in tal guisa
      Prendesse a rampognarne - E qual sì graveCausa, o sciocco mortal, ti spinge al duolo?
      Perchè temi la morte, perchè piangi?
      Perchè, se dolce la primiera vitaTi fu nè tutti i comodi di quella
      Scórser quasi congesti in un foratoVaso, nè tutti trapassâr noiosi,
      Perchè di viver sazio omai non partiDal mio convito e volentier non pigli
      La sicura quïete? E, se profusoSvanì ciò che godesti e se la vita
      T'offende omai, per qual cagione, o stolto,
      Cerchi d'aggiunger più quel che di nuovoDee malamente dissiparsi e tutto
      Perire a te noioso? e non più tostoFine alla vita ed al travaglio imponi?
      Con ciò sia che oggimai nulla mi resta


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330