Pagina (179/330)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Empion di grida e di latrati il cielo,
      E, qual se l'orme di nemiche fiereSi vedessero innanzi, aure frequenti
      Spirano; e spesso ancor, poi che son desti,
      Seguon de' cervi i simolacri vaniQuasi dati alla fuga, in fin che, scosso
      Ogn'inganno primier, tornino in loro.
      Ma le razze sollecite de' caniDelle mandre custodi e degli alberghi,
      Quasi abbian visto di rapace lupoL'odïata presenza o di notturno
      Ladro il sembiante sconosciuto, spessoS'affrettan di cacciar dagli occhi i lievi
      Lor sonni incerti e di rizzarsi in piedi.
      E, quanto son di più scabrosi e rozziAtomi intesti, tanto più commossi
      D'uopo è che siano e tormentati in sogno.
      Quindi la plebe de' minuti augelliSuol repente fuggirsi e paurosa
      Turbar con l'ali a ciel notturno i boschiSagri ai rustici dèi, qual or sepolta
      In piacevole sonno a tergo averePar lor di smerlo audace il rostro ingordo.
      Ma che fan poi negl'improvvisi e grandiMoti gli animi umani? Essi per certo
      Fan sovente gran cose. Espugnan regi,
      Son presi, attaccan guerre, alzan gridandoLe voci al ciel quasi nemico acciaio
      Vivi gli scanni. Altri combatte, e spargeDi pianto il suol, di gemiti e sospiri
      L'aria, e, quasi pantera o tigre od orsoDigiun lo sbrani, empie di strida il tutto.
      Altr'in sogno favella, e ne rivelaTal or cose importanti, e porge spesso
      Degli occulti misfatti indicio aperto.
      Molti da breve sonno a sonno eternoFan passaggio crudel. Molti, assaliti
      Da spavento terribile improvviso,
      Qual se d'alta montagna in cupa valleFosser precipitati, oppressi in guisa
      Restan, che quasi mentecatti e scemi,


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330