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      In musiche in conviti in giostre in danzeIn profumi in corone in rose in fiori.
      Ma tutto in van; poichè di mezzo al fonteDolce d'amore un non so che d'amaro
      Sorge, che sin tra' fiori ange gli amanti;
      O perchè dagli stimoli trafittoDella propria coscienza in sè ritorna
      L'animo, e di menar forse gli duoleLa vita all'ozio ed alle piume in preda
      E tra sozzi bordelli indegnamentePerire in sen d'una bagascia infame;
      O perchè l'avrà detto una parolaD'ambiguo senso, che nel core infusa
      Qual foco sotto cenere s'avviva;
      O perchè troppo ha cupidi e vagantiGli occhi, e troppo gli volge al suo rivale,
      E con lui troppo parla e troppo ride.
      E di mali sì gravi amore abbonda,
      Allor che favorevole e propizioSi mostra altrui quanto mostrar si puote:
      Ma, quand'egli all'incontro incrudelisceVerso i mendici suoi miseri servi,
      N'ha tanti e tanti che co' gli occhi stessiPuoi vederne infiniti. Onde assai meglio
      Ti fia lo star ben vigilante e desto,
      Com'io già t'insegnai, pria che la dolceEsca t'alletti in cui nascosto è l'amo:
      Posciachè lo schivar d'esser indóttoA cader nella rete è molto meno
      Malagevole a far, che preso uscirneE romper di Cupido i forti nodi.
      E pur avvinto et irretito ancoraSciôr ti potrai, se tu medesmo a te
      Non sei d'impedimento e non dissimuliTutti i vizi dell'animo e del corpo
      Di colei che tu ami e che desideri:
      Poichè 'l più delle volte i folli amantiCiò fanno, e spesso attribuiscon loro
      False prerogative. E quindi accadeChe molte, ancor che brutte, in varie guise
      Piacciono e s'hanno in somm'onore e in pregio.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Cupido