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      Convenïenti a sì nobil soggetto?
      Chi l'ali al verso impennerammi in guisaCh'ei giunga al merto di colui che tali
      Premi acquistati col suo raro ingegnoPria ne lasciò sol per bearne a pieno?
      Nessun, cred'io, che di caduco e fraleCorpo formato sia. Poichè, se pure
      Dir debb'io ciò ch'io sento e che del veroLa veneranda maestà richiede,
      Fu dio, dio fu per certo, inclito Memmo,
      Quel che primo insegnò del viver nostroLa regola infallibile e la dritta
      Norma che sapïenza or chiama il mondo,
      E che fuor di sì torbide procelleE di notte sì cieca in sì tranquillo
      Stato l'umana vita ed in sì chiaraLuce ripose. E che ciò sia, confronta
      Con le sue le divine invenzïoniCh'a pro dell'uman germe anticamente
      Fûr dagli altri trovate. E senza dubbioChiaro vedrai che, se dall'alma Cerere,
      Come fama ragiona, il gran le biadeDate ne fûro, e se dall'uve espresse
      Bacco il dolce liquore, obbligo in veroTener gli se ne dee; ma pur la vita
      Senza pan senza vin nel modo stessoConservar si potea che molti popoli
      Fan, se 'l grido è verace, anco al presente:
      Ma già non si potea lieti e feliciViver mai senz'un cor candido e schietto;
      Onde tanto più merta esser chiamatoDio chi pria della vita i non fallaci
      Piacer trovò, che per lo mondo sparsiSoavemente ancor gli animi allettano.
      E, se d'Ercole i fatti esser più illustriTu credessi de' suoi, molto più lungi
      Dal vero ancor trascorreresti, o Memmo.
      Poichè qual nocumento or ne potrebbeApportar quell'orribile cignale
      Già per le piaghe altrui dell'Erimanto
      Sì noto abitator? quale il nemeoSpaventoso leon? quale il cretense


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





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