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      Specie da grave incendio arsa perisse,
      E ruinasse ogni città squassataDa crudel terremoto, o troppo gonfi
      Per pioggia assidua dal natio lor lettoUscissero i torrenti e d'ogn'intorno
      Sommergesser la terra et affogasseroOgni uomo ogni animal; tanto più vinto
      T'è d'uopo il confessar che debbe al fineLa terra e 'l ciel pur dissiparsi in tutto:
      Che, ove da tali e tanti morbi e tantiE sì fatti perigli il mondo fosse
      Tentato, ivi eziandio, se causa alcunaPiù robusta l'urtasse, alte ruine
      Mostreria di sè stesso e strage orrenda.
      Nè per altra cagion d'esser mortaliPur ne sovvien, se non perchè soggetti
      Siam tutti a' mali stessi onde naturaGià tolse ad un ad un gli altri di vita.
      In oltre: tutto quel che dura eternoConviene; o che respinga ogni percossa
      Per esser d'infrangibile sostanza,
      Nè soffra mai che lo penetri alcunaCosa che disunir possa l'interne
      Sue parti, qual della materia a puntoGli atomi son, la cui natura innanzi
      Già per noi s'è dimostra; o ch'immortaleViva, perchè dagli urti affatto esente
      Sia, come il vôto il qual durando intattoMai non soggiace alle percosse un pelo;
      O perch'intorno a lui nessuno spazioNon sia dove partirsi e dissiparsi
      Possa, come la somma delle sommeFuor di sè non ha luogo ove rifugga
      Nè corpo che l'intoppi e con profondaPiaga l'ancida e però vive eterna.
      Ma nè, come insegnammo, esser contestoIl mondo può d'impenetrabil corpo,
      Chè misto è sempre in fra le cose il vôto;
      Nè però com'il vôto intatto vive,
      Poichè corpi non mancano che sortiDall'infinito ed agitati a caso
      Possan cozzar con vïolento turbine


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330