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      È d'uopo onde accoppiar possan insiemeGli scambievoli gaudi. Allora è forza
      Che molti d'animai germi diversiPerisser, nè bastanti a propagare
      Fosser la specie lor. Poichè qualunqueDi dolce aura vital si nutre e pasce,
      O l'astuzia o la forza o la prestezzaFinalmente del corso ha per custode,
      Che sin dal primo tempo il serba intatto.
      E molti ancor per l'util che ne dannoSon da noi conservati e custoditi.
      Primieramente i fier leoni e tutteL'altre belve crudeli hanno in difesa
      La forza: dall'astuzia il proprio scampoRiconoscon le volpi e dalla fuga
      I cervi; ma i fedeli e vigilantiCani, e qualunque germe al mondo nasce
      Di veterino seme, e i mansuetiGreggi lanosi e gli aratori armenti,
      Tutti dell'uomo alla tutela, o Memmo,
      Si dièr, poi che fuggiro avidamenteI morsi delle fere e seguir volsero
      La pacifica vita e i larghi paschi,
      Che senza lor travaglio apparecchiatiGli son da noi quasi condegno premio
      Dell'util ch'e' ne danno. Or quei ch'alcunaNon ebber di tai cose onde potessero
      Viver per sè medesmi o di qualch'utileEssere all'uman germe, e per qual causa
      Tollerar si dovea ch'ei si nutrisseroPer nostro mezzo o dal furor nemico
      Fosser guardati? Essi giaceano adunquePreda e pasto degli altri entro i fatali
      Lor nodi avvolti, insin che tutti al fineFur quei germi malnati affatto estinti.
      Ma nè visser già mai centauri al mondo,
      Nè con doppia natura e doppio corpoPôn di membra straniere in un congiunte
      Formarsi altri animai, se quinci e quindiPari a pari energia non corrisponde.
      E ciò quind'imparar lice a ciascuno,


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo