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      Non potea tormentarli e perchè in sognoMolte far li vedean cose ammirande
      Senza punto stancarsi. A ciò s'aggiungaCh'essi intorno vedean con ordin certo
      Moversi il cielo e in un col ciel le varieStagion dell'anno, e non sapean di questo
      Le varie cause investigare; e quindiPrendean per lor rifugio il dare a' sommi
      Numi il fren d'ogni cosa e far che 'l tuttoObbedisca a' lor cenni. E in ciel locavano
      Degli alti dèi l'eterne sedi e i templi;
      Perchè volgersi 'n ciel vedeano il soleLa luna il dì la notte, e della notte
      Tutti i lucidi segni, e le vagantiNotturne faci e le volanti fiamme,
      E le nubi e le piogge e la rugiada,
      La neve, i venti, i fulmini e l'acerbaGrandine e i rapidissimi rimbombi
      De' tuoni e il fiero murmure tremendo.
      Povero uman legnaggio! ahi quanti, alloraCh'egli a' numi immortali opre sì fatte
      Diede e l'ire gli aggiunse e le vendette,
      Quanti, ahi quanti essi allor pianti a sè stessi,
      Quante a noi piaghe acerbe, e a' minor nostriChenti e quai partorîr lagrime amare!
      Nè punto ha di pietà, che 'l sacerdoteSpesso velato il crin verso una sorda
      Statua per terra si rivolga e tuttiCorrano al sacro altar, nè ch'ei s'inchini
      Prostrato al suolo e tenda ambe le palmeInnanzi ai templi a Dio sacrati, e l'are
      Di sangue di quadrupedi animaliSparga in gran copia e voti aggiunga a voti,
      Anzi è somma pietade il poter tutteMirar le cose e con sereno ciglio
      E con placido cor. Chè, mentre, ergendoGli occhi, ammiriam del vasto mondo i templi
      Celestiali e superni e l'etra immobileTutt'ardente di stelle e vienne in mente


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Dio