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      Assalian furibonde e inaspettateGli rapivan da tergo, e con acerbe
      Piaghe a terra gettandoli i crudeliDenti in essi affiggeano e l'ugne adunche.
      Agitati i cignali eran da' toriE calpesti co' piedi, e per di sotto
      Spalancati i cavalli i fianchi e 'l ventreDalle corna robuste ed atterrati
      Dagli urti in minaccevole sembiante.
      Ma con l'orride zanne i fier cignaliI compagni uccidean, del proprio sangue
      Tingendo i dardi in sè spezzati; e misteStragi facean di cavalieri e fanti:
      Con ciò sia ch'i cavalli o dell'iratoMorso schivando i perigliosi incontri
      Lanciavansi a traverso o con le zampeMovean eretti aspra battaglia ai venti;
      In van, poichè: da' nervi i piè succisi,
      Ruinar li vedresti e gravementeSovra 'l duro terren battere il fianco.
      Che se alcuni abbastanza essere innanziDomi in casa credean, nel maneggiarli
      S'accorgean ch'irritati e d'ire accesiEran poi dalle piaghe e dalle strida,
      Dal terror, dalla fuga e dal tumulto:
      Poichè tutti fuggian, come soventeMal difesi dal ferro or gli elefanti
      Soglion anco fuggir, tra' suoi lasciandoMolte di ferità vestigia orrende.
      Sì far potean: ben ch'io mi creda a penaCh'essi pria molto bene imaginarsi
      Non dovesser con l'animo e vedereQuanto gran comun danno e laido scempio
      Fosse poi per succederne; e più tostoContrastar si potria che ciò nel tutto
      Sia più volte accaduto in vari mondiVariamente creati che in un certo
      E solo orbe terren. Ma ei non tantoCiò fêr con speme di futura palma,
      Quanto per dar che gemere a' lor fieriNemici e disperati essi morire
      Diffidando del numero e dell'armi.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330