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      Spaventar d'ogn'intorno ed avvilireE gli armenti e i pastori e le selvagge
      Belve, e tant'altre oprar cose ammirandeSimili alle narrate; io brevemente
      Sporrotti, o Memmo, e senza indugio alcunoCreder dunque si dee che generato
      Il fulmin sia dalle profonde e denseNubi; poichè già mai dal ciel sereno
      Non piomba o dalle nuvole men folte.
      E ben questo esser vero aperto mostra,
      Ch'allor s'addensan d'ogn'intorno in ariaLe nubi in guisa tal che giureresti
      Che tutte d'Acheronte uscite l'ombreRïempisser del ciel l'ampie caverne:
      Tal, insorta di nembi orrida notte,
      Ne sovrastan squarciate e minacciantiGole di timor freddo, allor che prende
      Fulmini a macchinar l'atra tempesta.
      In oltre: assai sovente un nembo oscuro,
      Quasi di molle pece un nero fiume,
      Tal dal cielo entro al mar cade nell'ondeE lungi scorre, e di profonda e densa
      Notte caliginosa intorno ingombraL'aria, e trae seco a terra atra tempesta
      Gravida di saette e di procelle,
      E tal principalmente ei stesso è pienoE di fiamme e di turbini e di venti,
      Ch'in terra ancor d'alta paura oppressaTrema e fugge la gente e si nasconde.
      Tal sovra 'l nostro capo atra tempestaForza dunqu'è che sia; chè nè con tanta
      Caligine oscurar potriano il mondoLe nuvole, se molte unite a molte
      Non fosser per di sopra e i vivi raggiEscludesser del sol, nè con sì grande
      Pioggia opprimer potrian la terra in guisaCh'i fiumi traboccar spesso e i torrenti
      Facessero e notar nell'acque i campi,
      Se non fosse di nuvole altamenteAmmassate fra lor l'etere ingombro.
      Dunque di questi fochi e questi venti


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo Acheronte