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      N'è il lor principio: acciò tu forse, o Memmo,
      Dell'Orco ivi più tosto esser non credaLa spaventevol porta, e quindi avvisi
      Che nel cieco Acheronte i numi inferniPer sotterranee vie conducan l'alme;
      Qual fama è che sovente i cervi snelliConducan fuor delle lor tane i serpi
      Col fiato delle nari. Il che dal veroQuanto sia lungi, ascolta: io vengo al fatto.
      Pria torno a dir quel che sovente innanziIo dissi; e questo è, che figure in terra
      Trovansi d'ogni sorta atte a produrreLe cose; e che di lor molte salubri
      Sono all'uomo e vitali, et anco molteAtte a renderlo infermo e dargli morte.
      E che meglio nutrir ponno i viventiQuesti semi che quei, già s'è dimostro
      Per la varia natura e pe' diversiCongiungimenti insieme e per le prime
      Forme fra lor difformi: altre inimicheSon dell'uomo all'orecchie, altre alle nari
      Stesse contrarie, e di malvagio sensoAltre al tatto altre all'occhio altre alla lingua.
      In oltre: veder puoi quanto sian molteCose aspramente a' nostri sensi infeste,
      Sporche gravi e noiose. In prima: a certiAlberi diè natura una sì grave
      Ombra, che generar dolori acerbiDi capo suol, se sotto ad essi alcuno
      Steso tra l'erbe molli incauto giacque.
      È sul monte Elicona anco una pianta,
      Che co 'l puzzo de' fior gli uomini uccide.
      Poichè tutte da terra ergonsi al cieloTai cose, perchè misti in molti modi
      Di lor molti principii in grembo ascondeLa terra e separati a ciò che nasce
      Distintamente li comparte. Il lumeChe di fresco sia spento, allor che offese
      Ha col grave nidor l'acute nari,
      Ivi ancor n'addormenta.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo Orco Acheronte Elicona