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      Da qualche parte: ove non prima è giuntoL'augel che dal non visto alito grave
      D'improvviso assalito il volo perde;
      E tosto là, d'onde la terra indrizzaIl nocivo vapor, cade; e, caduto
      Che v'è, quel rio velen da tutti i membriToglie del viver suo gli ultimi avanzi:
      Poichè quasi a principio un tal fervoreEccita, onde avvien poi che, già caduto
      Ne' fonti stessi del velen, gli è forzaLa vita affatto vomitarvi e l'alma,
      Con ciò sia che di mal gran copia ha intorno.
      Succede anco tal or, che questo stessoVïolento vapor de' luoghi averni
      Tutto l'aere frapposto apra e discacci,
      Sì che quindi agli augei sotto rimangaVòto quasi ogni spazio. Ond'ivi a pena
      Giungon, che d'improvviso a ciascun d'essiZoppica delle penne il vano sforzo
      E 'l dibatter dell'ali è tutto indarno.
      Or qui, poichè gli è tolto ogni vigoreDell'ali e sostenersi omai non ponno,
      Tosto dal natio peso a forza trattiCaggiono in terra a precipizio, e tutti
      Qua e là per lo vôto omai giacendoDa' meati del corpo esalan l'alma.
      Freddo è poi nell'estate entro i profondiPozzi l'umor, perchè la terra allora
      Pel caldo inaridisce e, s'alcun semeTiene in sè di vapor, tosto il tramanda
      Nell'aure: or, quanto il sol dunqu'è più caldo,
      Tanto il liquido umor ch'in terra è chiusoPiù gelato divien. Ma, quando il nostro
      Globo preso è dal freddo e si condensaE quasi in un s'accoglie, è d'uopo al certo
      Ch'egli allor, nel ristringersi, ne' pozziSprema se caldo alcun cela in se stesso.
      Fama è ch'un fonte sia non lungi al tempioD'Ammon, che nella luce alma del giorno
      L'acque abbia fredde e le riscaldi a notte.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Ammon