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      Quinci scorrer la specie, ir quindi il caldo,
      E per gli stessi luoghi un più d'un altroCorpo rapidamente il varco aprirsi.
      Chè certo a ciò la lor natura stessaGli sforza, varïando in molti modi
      Le vie, qual poco innanzi io t'ho dimostro,
      Per le forme difformi e per l'interneTesture. Or; poi che stabilite e ferme
      Tai cose e con buon ordine disposte,
      Quasi certe premesse, a te palesiGià sono, o Memmo, apparecchiate e pronte;
      Nel resto agevolmente indi mi liceLa ragione assegnarti e la verace
      Causa svelarti, onde l'erculea pietraCon incognita forza il ferro tragga.
      Pria: forz'è che tal pietra in aria esaliFuor di sè molti corpi, onde un fervore
      Nasca che tutta l'aria urti e discacciPosta tra 'l ferro e lei. Tosto che vôto
      Dunque comincia a divenir lo spazioPredetto e molto luogo in mezzo resta,
      D'uop'è che sdrucciolando i genitaliSemi del ferro entro a quel vano uniti
      Caggian repente, e che lo stesso anelloSegua, e tutto così corra pel vôto.
      Chè cos'altra non v'ha che da' suoi primiElementi connessa et implicata
      Stia con lacci più forti insieme avvintaDel freddo orror del duro ferro. E quindi
      Meraviglia non è, se molti corpiDal ferro insorti per lo vano a volo
      Non van, qual poco innanzi io t'ho dimostro,
      Senza che 'l moto lor lo stesso anelloNon segua: il che fa certo, e 'l segue ratto,
      Fin che giunga alla pietra e ad essa omaiCon catene invisibili s'attacchi.
      Questo avvien similmente in ogni parte,
      Onde vôto rimanga alcun frappostoSpazio, che, o sia da' fianchi o sia di sopra
      Tosto caggiono in lui tutti i vicini


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





Memmo