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      Onde Lucrezio è il solo che si sia sforzato di arricchire la dottrina del maestro, e, tenendole fede, la propagò almeno con l'originalità del genio.
      Per Epicuro la scienza è sì indifferente e i metodi scientifici gli sono sì estranei, che dei più importanti problemi egli ammette al medesimo tempo le più contrarie soluzioni, sì veramente che le une e le altre possano accordarsi con la sua etica, di cui solo gli cale. Per lui l'importante è che la spiegazione d'un fenomeno non supponga l'intervento degli Dei nel mondo. Non si dà pensiero se questa spiegazione sia vera o falsa, se contraddica ad un'altra già ammessa, e per noncuranza, a tener salda la sua morale, non fa caso di quella regola elementare della logica, la quale insegna che due proposizioni contraddittorie non possono essere egualmente vere. Nell'astronomia campeggia specialmente questa noncuranza di Epicuro. Egli medesimo ci svela ingenuamente lo stato della sua mente e il suo metodo, che si può riepilogare nei termini seguenti: "essendochè lo spettacolo dei gran movimenti celesti può turbarci, è forza occuparsi intorno all'astronomia, ma solo a fine di persuadersi che l'ordine regolare del cielo non richiede la mano d'un ordinatore sovrano, e che è senza più l'effetto di cause naturali. Fra le spiegazioni che si danno dei fenomeni, eleggete quella che vi piace. Non può esser cattiva quando vi libera dal timore21." L'astronomia di Lucrezio è bizzarra perchè, sulla fede del suo maestro, egli propone a un tratto le ipotesi più serie e le più puerili, senza distinzione e alla mescolata.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





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