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      Egli ribatte come una sciocchezza, vanus stolidis error, l'opinione dei filosofi, che ammettono gli antipodi. Ed egli poi espone con precisione ammirabile questa opinione che egli rifiuta; tantochè meglio non direbbe un fisico moderno. "Ci può capir nell' animo, egli dice, che, dei corpi gravi, sotto i nostri piedi, esercitino la loro gravitazione all'insù, affissi alla terra in una positura inversa alla nostra, appunto come le nostre immagini riflesse nell'acqua? Giusta questi principj si afferma che sulla superficie opposta della terra vanno e vengono degli esseri animati che non risicano di cadere nelle regioni inferiori del loro cielo, appunto come noi non risichiamo di essere trasportati verso la nostra volta celeste. Ci dicono altresì che questi popoli vedono il cielo quando noi vediamo le fiaccole notturne che, alternano con noi le stagioni, i giorni, le notti, che durano quanto a noi25. È strano che Lucrezio dopo aver sì bene compreso l'opinione sugli antipodi, la rifiuti. La docilità con cui segue Epicuro non gli lascia ammettere quello che con la sua penetrazione aveva sì bene inteso.
      Quello che Lucrezio rigettava con tanto disprezzo in nome di una scienza incredula, sarà per innanzi rigettato dai Padri della Chiesa, con disprezzo anche maggiore in nome della religione. Mi sia concesso far qui una riflessione venutami spesso all'animo nel leggere questo poema.
      Le opinioni sulla fisica non sono di lor natura religiose od empie. Esse non sono proprietà di questa o quella setta, e spesso mutan parte col tempo.


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330

   





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