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      Surse a queste parole il signor Dottore e disse: Bella immaginazione è stata questa del signor Pietro; ma così ancora io le nostre lite chetate non veggo, perciocchè, se non si fa un giudice il quale abbia a giudicare chi più di bellezza avvicinantesi a questa donna che abbiamo a formare scopra ritrovarsi nella sua, io veggo indeterminata sentenza, le potremmo cento mill'anni contendere così, che mai non ne verremo a capo; poichè chi non sa ch'io non cederei, che voi e voi, questi e questi (non vi sendo chi giudichi.) avesse mostro starsi nell'idolo suo più di bello e vago, simile a quello di questa madonna, che io nel mio veramente divino? Sicchè sarebbe ben fatto che tra noi vi si eleggesse uno, il quale pigliasse questo peso, e, invece di ragionare, avesse a giudicare. Così detto, tacque l'eccellente Dottore.
      Allora io fui (la loro buona mercè) eletto giudice, ma non mica senza questa condizione, che, non potendo io in mia persona celebrare la mia novella signora, la signora Lucrezia Toronda, e da lei torre quel bello, che mille non una donna potrebbe perfettamente far belle, altri in luogo avesse ad esercitare questo ufficio e questa impresa.
      Mentre adunque ch'io mirassi in faccia di loro ognuno per vedere qual si levasse per me, e si volesse affaticare per far chiaro che la mia gentilissima Lucrezia, stupor della natura e onor del secolo nostro, fosse la più bella, e che più si assomiglierebbe alla donna, che si dovea bellissima e senza macchia formare, ecco i signori Vinciguerra e Ladislao allontanarsi alquanto da noi, e poco dopo appresentarsi sorridendo.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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