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      Al sorriso dei quali non tacque il signor Giacomo ma disse con alta voce, udendolo tutti: io so che questi gentiluomini mi ridono, perciocchè sanno di ottenere indubitatamente vittoria, ma pazienza. A queste parole quasi tutti dissolutamente ridemmo, sapendo che essi vagheggiavano e amavano due, che invero men belle delle nostre erano assai, e più si vedea in loro della bruttezza di Gabrina che della bellezza di Angelica.
      Finito il riso, da che, soggiunsero i beffati, pur voi ci date la burla, noi non potendo rimanere vittoriosi, faremo altrui rimanere; e cui? rispose il signor Giacomo; Monsignore e Luigino, replicarono i due. Allora io non mi potei contenere di non baciare e l'uno e l'altro, e ringraziarneli da parte vostra e dalla mia ben mille volte caldissimamente.
      Volle il signor Vinciguerra in vostra vece prender l'assunto, e in mia il signor Ladislao. Or pacificati così per un poco, quasi che non so chi di noi volse da nuovo porre intrico, dicendo che egli non parea a lui, che la bella innamorata di voi dovesse di bellezza contendere con le nostre, perchè voi non v'eravate con noi (onde n'era uscita e venuta la gara) trovato in modo alcuno. Costui non fu udito; laonde ancora voi aveste loco, e poteste, mercè delle belle parole del difensore della vostra degnissima donna la signora Ottavia Picezza, ch'è la gloria d'amore, impetrare somma grazia e sommo favore. Così adunque trovatici d'accordo incominciammo a lasciarci vincere da quietissimo e dolcissimo sonno, avendo primieramente disegnato al comparire dell'alba di levarci, e trovarci ognuno col suo falcone in pugno, e poi, trapassato in siffatto piacere il giorno, ridurci al luogo, ove eravamo allora, per dare felice principio dell'antidetta donna.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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