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      Il che veggio aver fatto il Petrarca ne' sonetti, Qual ventura mi fu, e I' vidi in terra. Ma in questo vien piuttosto a preferirgli al Sole che altrimenti, dicendo:
     
      Ch'han fatto mille volte invidia al Sole.
     
      Le palpebre sieno degna casa di loro, cioè belle a meraviglia. Le ciglia negre come indiano ebano, e tranquille anzi che no; cosa che mostra il Petrarca aver avuto Laura ne' sopra allegati suoi due sonetti. Le sovracciglia poi, chiamate archi dall'Ariosto, saranno negrissime, sottilissime e minutissime. Ma tempo è che io venga alla fronte della donna, la quale, senza ch'io mi stia troppo ad intricare in parole, sia larga, alta, lucida e piena di divine bellezze, e brevemente tale, quale il Petrarca vuole essere stata quella di Laura nel sonetto, Onde tolse Amor l'oro, e quella della sua amorosa nel secondo libro de' suoi Amori lo Strozza il figlio.
      Già pagato il debito e sodisfatto alla promessa, aggiunse poi al suo ragionare queste quattro parolette il signor Vinciguerra:
      - Onestissima cosa pare a me, e tanto giusta del mondo che abbia ad esser questa, onoratissimi signori, che avendo io mostrato quali occhi e qual fronte si richiegga a questa donna, voi non vi lagniate in guisa niuna se io le agguaglierò gli occhi neri e ampi e pieni di bella gravità con naturale dolcezza mescolata; lampeggianti come due fuochi del cielo minori nei lor vaghi e vezzosi giri della bella Picezza, vita del nostro monsignor Manino, fondamento singolarissimo del regno di amore, e unica sostanza delle tre Grazie; se io le agguaglierò, dico, gli occhi con le vaghe palpebre, nere ciglia e sovracciglia di lei, lasciando la fronte, (nel che io so ben ch'io potrei ancor contendere e riportarne anzi onore che no) ad alcuna delle vostre, onde poi ella si pareggi all'antidetta donna.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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