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      Quel che ne dice l'Ariosto nelle tanto allegate bellezze di Alcina, egli ci è chiaro. E però io vo' che proprio sia tale il collo di questa donna, quale fu quello. Ora scendiamo più giù un poco, e veggiamo di darle un seno che le si convenga. Questo sarà candido, come fu quello di Laura, per testimonio del Petrarca in quel sonetto, Amor e io sì pien di meraviglia, e come fu quello dell'amorosa di messer Ercole Strozza, che ne lo loda egli nel su allegato suo luogo; sarà bello e tale che si possa dire degnamente angelico, il che piacque al Petrarca nelle canzoni: Quando il soave mio fido conforto; Chiare, fresche e dolci acque. Ma che si dee dire delle Coppe, o mammelle che le vogliamo chiamare? Elle fieno, come a me pare di dirittamente giudicare, picciole, tonde, sode e crudette, e tutte simili a due rotondi e dolci pomi. E tali l'ebbero Amaranta appo il Sannazzaro, e la garzonissima Sabinetta appo il Bembo? Dell'Ariosto mi taccio, che io so bene che egli non si allontana o diparte dal parere di costoro. E meno il Boccaccio nel suo Laberinto d'amore, dove parlando di quei due bozzacchioni, che così appella le poppe di quella vedova tanto da lui maledetta e punta, dice che già forse acerbi pomi furono a toccar dilettevoli, e a vedere similmente.
      Qui giunto, il signor Giacomo tacevasi, quando il signor Dottore risguardandolo disse:
      - Egli mi pare che mi si è scoperta bella occasione, signor mio, di potervi rendervi pane per ischiacciata. Perocchè, s'io non m'inganno, il fine del parlar nostro tanto è lontano dal principio e il principio dal fine, quanto sono i piedi, oppure gli occhi nostri l'uno dall'altro.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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