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      Vorreile tenerelle, e tutte pulite sì, che le dita loro potessero contendere con quelle di Bacco, alle quali rassomigliò quelle di Narciso Ovidio, ed esse poi belle mani far d'invidia molta ir piene Giunone, Venere e la casta sorella di Febo, come scrive messer Tito Strozza il padre aver potuto fare quelle della sua pura e vaga Anzia; vorreile grassette e senza vene apparenti; vorreile finalmente colorite e rosate alquanto, e l'unghie delle belle dita somiglianti a perle orientali; il che appare in quel sonetto poco fa citato essere suto in Laura.
      Ora tempo mi pare di trapassare ai fianchi, i quali senza alcun dubbio, a voler essere riguardevoli, bisogna che sieno anzi rilevati che no; e l'Ariosto, nel bello di Olimpia occupato, disse, i rilevanti fianchi, e nella Cassaria, commedia di lui così intitolata, dove parla del grandissimo studio che ànno le donne di abbellirsi, in rilevarsi nei fianchi, disse. I castigati fianchi, dice lo Strozza messer Ercole, parlando della sua donna nel citato luogo di sopra. Quanto spetta alle anche io mi spedirò, con una parola tale, ch'io vo' che sieno belle e quali furono quelle di Olimpia, di cui ragionando pure l'Ariosto, dopo l'aver detto de' fianchi, e le bell'anche, disse poi. Del ventre, che al ventre posso oggimai valicare, dirò questo, che egli dee esser netto, anzi nettissimo e tutto piano, onde l'Ariosto pure d'Olimpia vaga parlando, E netto più che specchio il ventre piano, diss'egli. Sarà ancora gonfio, che così amo meglio di vederlo, che quale si scorge nel Moreto di Virgilio aver avuto Gibale ancella del vigilante e faticoso Similo, cioè compresso e attratto, il che nelle donne non è dicevole, ma sibbene e piuttosto biasimevole viene egli ad essere appo qualunque buono conoscitore delle donnesche e bruttezze e bellezze.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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