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      E per conchiudere vi dico insomma che le donne non si tengono le mani, come si dice, a cintola quando sono mordute e sprezzate il perchè lasciatemi dire quel tanto che mi resta del danno, ch'io ve ne prego; e mi perdonate se il procedere del gambero non mi piace per ora. Il danno adunque che il liscio reca alle donne, di cui parliamo, è gravissimo, e se non fosse altra giunta per appresso, elleno doverebbono, se avessero del saggio e cauto Prometeo, e non dello stolto e incauto Epimeteo, fuggirlo come gru falcone, e come timida pastorella il serpe velenoso e crudo; perciocchè elle vengono innanzi tempo a fare il viso incavato a guisa d'incavate colonnelle, e a segnarlo di disdicevoli, e quali veggiamo nei vecchierelli antichi, solchi e falde assai; la bocca incomincia a corrompersi, a mandar fuori un fiato fetido, puzzolente, e quale n'esce o da quella della scaltra e maliziosa volpe, o da quella del generoso e terribile leone. E questi, che furono bei denti forse, poi si fanno negri, e pur bastasse ciò, ma non avviene così, perchè eglino vacillano, e dopo il vacillare cascano sì, che pochi armano la bocca, e que' pochi restano tali, che, come n'è dato a veder la fistola del dio Pane talora, o come sguardiamo le dita nostre, l'uno sendo lunghissimo, gli altri successivamente vanno abbreviando più e più. Ma di ciò ci può bastare quel che n'ha lasciato scritto nella prima sua di sopra allegata satira l'Ariosto, e io verrò all'altro danno maggiore ch'è dello spirito immortale, si privano della beatitudine eterna e del trionfo celeste altresì queste donne.


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Il libro della bella donna
di Federico Luigini da Udine
L'Aristocratica Editrice Milano
1925 pagine 114

   





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