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      E' parve per lungo tempo cosa probabile che gl'Inglesi avessero a combattere disperatamente sopra il suolo inglese, a difendere la religione e indipendenza loro. Nè si tennero un istante mai liberi dalla paura di qualche gran tradimento in casa; perocchè in quei giorni era diventato punto di coscienza e d'onore per molti uomini d'indole generosa il sacrificare la patria alla religione. Una serie di congiure di continuo ordite dai cattolici romani contro la vita della regina e la esistenza della nazione, teneva la società in perenne trepidazione. Qualunque si fossero gli errori di Elisabetta, era pur manifesto che le sorti del regno e di tutte le chiese riformate pendevano dalla sicurtà della sua persona e dal prospero successo della sua amministrazione. Era, dunque, precipuo dovere d'ogni cittadino e d'ogni protestante rinvigorirle il braccio: dovere che fu bene osservato. I puritani, anche dal fondo delle prigioni dove essa gli aveva sepolti, pregavano con fervore non finto, perchè la ribellione le cadesse doma ai piedi, e le sue armi fossero vittoriose per mare e per terra. Uno de' più testardi della testarda setta, appena il carnefice gli aveva mozza una mano a punirlo d'un delitto al quale era stato spinto dal suo stemperato zelo, scuotendo con l'altra mano il cappello, esclamò: "Dio salvi la regina!" Il sentimento che cotesta genia di uomini provavano per lei passò ai loro posteri. I non-conformisti, per quanto rigorosamente li avesse trattati, hanno, come corporazione, sempre venerata la memoria di lei(10).


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





Inglesi Elisabetta