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      Parlava e scriveva, non, come il padre suo, con la esattezza di un professore, ma secondo lo stile di un gentiluomo intelligente e bene educato. Aveva gusto squisito nelle lettere e nelle arti gentili, e modi, comunque privi di grazia, dignitosi: la sua vita domestica era senza menda. La perfidia fu la cagione massima de' suoi disastri, ed è la macchia precipua che gli deturpa la fama. Veramente, era una incurabile tendenza quella che lo trascinava per le vie torte e tenebrose. E' sembrerebbe strano che la sua coscienza, la quale in occasioni di lieve momento era bastevolmente sensibile, non gli avesse mai rimproverato cotesto gran vizio. Ma abbiamo ragione di credere ch'egli fosse perfido non solo per indole e per costume, bensì per principio. Pare che avesse imparato dai teologi, da lui singolarmente stimati, non potere tra lui e i suoi sudditi esistere nulla che avesse natura di mutuo contratto; lui non avere potestà, qualvolta lo avesse voluto, di deporre la sua autorità dispotica; ed in ogni promessa che egli facesse, sottointendersi la riserva di romperla in caso di necessità, della quale necessità era egli stesso il solo giudice.
      XXXVII. Allora ebbe principio quel giuoco rischioso dal quale dipesero le sorti del popolo inglese. La Camera de' Comuni giuocò ostinatamente; ma con destrezza, calma e perseveranza mirabili. Erano di guida all'assemblea alcuni uomini di Stato, che sapevano portare l'occhio molto più addietro e spingerlo molto più avanti che i rappresentanti della nazione non facevano.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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