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      Aveva, in verità, qualche ragione a non amare quella rigida setta. Nella età in cui le passioni più imperversano, e le leggerezze sono meritevoli di perdono, aveva passati parecchi mesi in Iscozia, Re di nome, ma di fatto prigioniero di Stato nelle mani degli austeri Presbiteriani. Non paghi di volere ch'ei si conformasse al loro culto, e firmasse la loro Convenzione, avevano invigilate tutte le azioni, e sermoneggiato intorno alle giovanili follie di lui. Era stato costretto ad assistere, ripugnante, a preci e sermoni lunghissimi, e poteva reputarsi fortunato allorquando dal pulpito non gli rammentavano le sue proprie fragilità, la tirannide del padre, e la idolatria della madre. Davvero, era stato così sciagurato in quegli anni della sua vita, che la sconfitta dalla quale fu cacciato nuovamente in esilio, poteva più presto considerarsi come liberazione, che come calamità. Sotto la pressura di queste male augurate reminiscenze, Carlo voleva deprimere il partito che aveva fatta resistenza a suo padre.
      VIII. Giacomo, Duca di York, fratello del Re, si attenne alla medesima via. Benchè libertino, Giacomo era diligente, metodico, e amante dell'autorità e degli affari. Aveva intendimento basso e stretto, ed indole ostinata, aspra e nemica al perdono. Che un principe come lui non potesse vedere di buon occhio le libere istituzioni dell'Inghilterra, e il partito che le difendeva con zelo indefesso, non deve recar maraviglia. Il Duca seguitava a professare la credenza della Chiesa Anglicana; ma aveva già mostrate tendenze tali, da mettere seriamente in pensiero i buoni protestanti.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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