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      Gli eventi naturalmente gli sembravano bene augurati, non quando accrescevano la prosperità e la gloria della nazione, ma quando tendevano ad avacciare l'ora del suo ritorno. La sua convinzione - convinzione ch'ei non ha nascosta - consisteva in questo: che i suoi concittadini, non avrebbero potuto godere de' beni della quiete e della libertà, finchè non avessero rimesso su la vecchia dinastia. Finalmente ritornò alla patria, e senza avere speso nè anche una settimana a volgere lo sguardo all'intorno, a mischiarsi nei socievoli commerci, a notare i mutamenti che quattordici anni di vicende avevano prodotto nel carattere e nel sentire della popolazione, fu posto repentinamente a condurre il Governo dello Stato. In cosiffatte condizioni, anche un Ministro eminentemente destro e docile sarebbe probabilmente caduto in gravissimi errori. Ma la destrezza e la docilità non erano da trovarsi fra le doti dell'animo di Clarendon. Agli occhi suoi, l'Inghilterra seguitava ad essere la Inghilterra della sua giovinezza; e guardava in cagnesco ogni teoria ed ogni pratica introdotta mentre egli era in esilio. Quantunque fosse lontano dal meditare il minimo attentato contro l'antico e indubitato potere della Camera de' Comuni, il vederlo crescere gli recava grande inquietudine. La prerogativa regia, per la quale egli aveva tanto sofferto, e dalla quale era stato alla perfine innalzato alle ricchezze ed agli onori, era sacra agli occhi suoi. Riguardava le Teste-Rotonde con avversione politica e personale.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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