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      Tosto la metropoli cominciò a provare le miserie dell'assedio. Mancavano i combustibili. Il forte di Tilbury, luogo d'onde Elisabetta aveva scherniti gli oltraggi di Parma e di Spagna, venne insultato dagl'invasori. I cittadini di Londra, per la prima ed ultima volta, udirono il rimbombo de' cannoni forestieri. Venne proposto in Consiglio di abbandonare la Torre, qualora il nemico si spingesse innanzi. Grosse torme di popolo accalcavano nelle strade gridando che l'Inghilterra era venduta. Le case e i cocchi de' Ministri furono aggrediti dalla plebaglia; e il Governo temeva di dovere combattere a un tempo la invasione e la insurrezione. Vero è che lo estremo pericolo durò poco. Venne concluso un trattato assai diverso da quelli ai quali Oliviero aveva costume di apporre la firma; e la nazione riebbe la pace, ma il suo contegno fu poco meno minaccioso e tristo di quello che aveva mostrato nei giorni della imposta per mantenere la flotta.
      I mali umori generati dalla pessima amministrazione, furono accresciuti da calamità che la migliore amministrazione non avrebbe potuto scansare. Mentre inferociva la guerra ignominiosa con la Olanda, Londra patì due disastri gravi che, in tempo si breve, non afflissero mai tanto città nessuna. Una pestilenza, assai più orribile di qualunque altra nello spazio di tre secoli avesse visitata l'isola, mieté in sei mesi centomila e più creature umane; ed appena i carri mortuari avevano cessato di andare attorno, quando un incendio, quale non s'era mai veduto in Europa dopo il bruciamento di Roma sotto Nerone, ridusse in rovine la città tutta quanta, dalla Torre fino al Tempio, e dal fiume sino a Smithfield.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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