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      Nelle relazioni co' potentati stranieri fu alquanto generoso, ma non mai giusto. Agli alleati infelici, i quali gettavansi ai suoi piedi, e non avevano altra speranza che nella sua commiserazione, largė la propria protezione con disinteresse romantico, che sembrava meglio convenire ad un cavaliere errante, che ad un uomo di Stato. Ma ruppe senza scrupolo o vergogna i vincoli pių sacri della fede pubblica, ogni qualvolta essi toccavano il suo interesse, o ciō che egli chiamava sua gloria. La sua perfidia e violenza, nondimeno, eccitavano meno inimicizia di quello che facesse la insolenza con che rammentava di continuo ai vicini la sua grandezza e la piccolezza loro. In quel tempo non era caduto in quell'austera divozione, la quale poscia dčtte alla sua Corte la sembianza d'un monastero. Era invece licenzioso, benchč non cosė frivolo ed indolente, come il suo confratello d'Inghilterra. Era sinceramente cattolico romano; e la coscienza e la vanitā sue lo spingevano a adoperare la propria possanza onde difendere e propagare la vera fede, secondo lo esempio de' suoi famosi predecessori, Clodoveo, Carlomagno e San Luigi.
      I nostri antichi consideravano con grave sospizione la crescente potenza della Francia. Tale sentimento, in sč perfettamente ragionevole, era misto ad altri meno degni di lode. La Francia era nostra vecchia nemica. Contro essa erano state combattute le battaglie pių famose di cui facessero ricordo gli annali nostri. Il conquisto della Francia era stato due volte fatto dai Plantageneti.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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