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      Doveva accorgersi che tanta impresa sarebbe stata ardua e rischiosa; che per anni molti avrebbe tenute occupate tutte le energie della Francia; e che sarebbe stata affatto incompatibile con altre e pių praticabili idee d'ingrandimento, molto care al suo cuore. Avrebbe volentieri acquistato il merito e la gloria di rendere, a patti ragionevoli, un grande servigio alla sua propria Chiesa: ma era poco inchinevole a imitare i suoi antenati, i quali, ne' secoli duodecimo e tredicesimo, avevano condotto il fiore della cavalleria francese a morire nella Siria e nello Egitto; e bene conosceva che una crociata contro il protestantismo in Inghilterra, non sarebbe stata meno pericolosa delle spedizioni in cui erano perite le milizie di Luigi VII e di Luigi IX. Non aveva cagione a desiderare che gli Stuardi fossero principi assoluti. Non considerava la Costituzione inglese con sentimento simile a quello che in tempi posteriori spinse i Principi a muovere guerra alle libere istituzioni de' popoli vicini. Ai dė nostri, un gran partito zelante del Governo popolare, conta proseliti in ogni paese incivilito. Ogni vittoria ch'esso in qualunque luogo riporti, non manca di svegliare un generale commovimento. Non č quindi a maravigliare che i Governi, minacciati da un pericolo comune, concordino ad assicurarsi vicendevolmente. Ma nel secolo decimosettimo tale periglio non esisteva. Tra il pubblico sentire dell'Inghilterra e il pubblico sentire della Francia, era un abisso. Le nostre istituzioni e fazioni erano tanto poco intese in Parigi, quanto in Costantinopoli.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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