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      Bisogna sinceramente ammettere, che la questione costituzionale non fosse allora affatto scevra d'oscurità. I nostri antichi Re avevano, senza verun dubbio, preteso ed esercitato il diritto di sospendere l'azione delle leggi penali. I tribunali avevano riconosciuto cotesto diritto. I Parlamenti lo avevano tollerato senza avversarlo. Che un certo simile diritto fosse inerente alla Corona, pochi anche del partito patriottico osavano negare al cospetto dell'autorità e de' fatti precedenti. Nondimeno, era chiaro che se questa prerogativa fosse stata illimitata, il Governo Inglese male si sarebbe potuto distinguere da un pretto dispotismo. Che ci fosse un limite, lo ammettevano pienamente il Re e i suoi Ministri. La questione era di sapere se la Dichiarazione d'Indulgenza stesse o no dentro siffatto limite; e a nessuna delle parti riuscì di descrivere una linea incontestabile. Alcuni oppositori del Governo dolevansi che la Dichiarazione sospendeva non meno di quaranta Statuti. Ma perchè non quaranta, nel modo medesimo che uno? Vi fu un oratore che manifestò come propria opinione, che il Re poteva costituzionalmente dispensare dalle leggi cattive, non mai dalle buone. Non è mestieri dimostrare l'assurdità di tale distinzione. La dottrina che sembra essere stata generalmente(40) accettata nella Camera de' Comuni, consisteva in ciò, che il potere di dispensare limitavasi alle sole faccende secolari, e non si estendeva alle leggi fatte per la sicurtà della religione dello Stato. Nondimeno, poichè il Re era capo supremo della Chiesa, e' pareva che avendo egli il potere di dispensare, siffatto potere potesse anche applicarsi a cose concernenti la Chiesa.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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