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      L'amor suo per la patria era tiepido. Era, pur troppo, studioso de' suoi agi e della dignità sua, e rifuggiva con pusillanime timore da ogni responsabilità. E davvero, le abitudini della sua vita non lo rendevano adattato ad immischiarsi seriamente ne' conflitti delle nostre fazioni intestine. Era pervenuto al cinquantesimo degli anni suoi senza aver seduto nel Parlamento Inglese; e la sua esperienza officiale, ei l'aveva quasi tutta acquistata nelle Corti forestiere. Giustamente aveva fama d'essere uno de' più insigni diplomatici dell'Europa; ma lo ingegno e le doti d'un diplomatico differiscono molto da ciò che richiedesi in un uomo politico per condurre la Camera de' Comuni in tempi torbidi.
      Il disegno ch'egli propose, era argomento di non poca abilità. Comecchè non fosse profondo filosofo, aveva, più che molti uomini pratici del mondo, meditato intorno ai principii generali del Governo; ed aveva fecondato il proprio intendimento studiando la storia e viaggiando ne' paesi stranieri. E' pare che discernesse più chiaramente che molti de' suoi coetanei, la cagione delle difficoltà che stringevano il Governo. L'indole dell'ordinamento politico in Inghilterra veniva a poco a poco mutandosi. Il Parlamento lentamente, ma costantemente, acquistava terreno sulla prerogativa. La linea tra il potere legislativo e lo esecutivo era in teoria più che mai descritta distintamente, ma in pratica diveniva ogni giorno più debole. Era teoria della Costituzione, che il Re avesse potestà di nominare i propri Ministri.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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