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      Ma Godolphin, desideroso di tranquillità, e credendo di non poterla ottenere se non se per mezzo della concessione, desiderava che la legge passasse. Sunderland, sempre perfido e poco veggente, inetto a scernere i segni della reazione che s'appressava, ed ansioso di riconciliarsi al partito che a lui pareva invincibile, deliberò di votare contro la Corte. La Duchessa di Portsmouth supplicava il suo reale amante a non correre diritto alla propria rovina. Se v'era cosa intorno alla quale egli avesse scrupolo di coscienza e d'onore, ella era la questione della successione: ma per alcuni giorni e' parve volesse cedere. Ondeggiava, e chiedeva quale somma di danari i Comuni gli darebbero se egli cedesse; e permise che si aprissero negoziati coi principali Whig. Ma la profonda vicendevole diffidenza, che era venuta sempre crescendo, ed era stata con grande studio alimentata dalle arti della Francia, rese impossibile ogni trattato. Nessuna delle parti voleva affidarsi all'altra.
      LV. La intera nazione, con ansia indicibile, teneva l'occhio fisso alla Camera de' Lordi. La congrega de' Pari era numerosa. Il Re stesso era lì presente. Le discussioni furono lunghe, ardenti, e di quando in quando furiose. Parecchi recarono la mano all'elsa della propria spada, in modo da richiamare alla memoria la immagine de' procellosi Parlamenti di Enrico III e di Riccardo II. A Shaftesbury e ad Essex si congiunse il perfido Sunderland. Ma il genio di Halifax vinse ogni opposizione. Abbandonato da' principali fra' suoi colleghi, ed avversato da una falange di insigni antagonisti, difese la causa del Duca di York con parecchie orazioni, le quali, molti anni dipoi erano rammentate come capolavori di ragionamento, di brio e d'eloquenza.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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