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      Dal dì in cui i teatri furono riaperti, diventarono scuole di vizi: e il male andavasi propagando da sè. La immoralità delle rappresentazioni tosto fece allontanare le genti morigerate; mentre le frivole e dissolute che vi rimasero, chiedevano ogni anno stimoli sempre più forti. Così gli artisti corrompevano gli spettatori, e gli spettatori gli artisti; finchè le turpitudini del dramma divennero tali, da rendere attonito chiunque non si accorga che la estrema rilassatezza è lo effetto naturale della restrizione estrema, e che ad una età d'ipocrisia, secondo la ordinaria vicenda delle cose umane, tiene dietro una età d'impudenza.
      Nulla esprime tanto l'indole de' tempi, quanto la cura che si dánno i poeti a porre sulle labbra delle donne i loro versi più licenziosi. I componimenti dove più regnava la licenza, erano gli epiloghi, i quali venivano quasi sempre recitati dalle più favorite attrici; e nulla al depravato uditorio piaceva come il vedere una bella fanciulla, che supponevasi non avere per anche perduto il fiore della innocenza, recitare versi grossolanamente indecenti(228).
      Il nostro teatro in que' tempi andava debitore di molti intrecci e caratteri alla Spagna, alla Francia e ai vecchi scrittori inglesi: ma qualunque soggetto i nostri drammaturgi toccassero, lo deturpavano. Nelle loro imitazioni, le case de' robusti ed animosi gentiluomini castigliani immaginate da Calderon, diventavano porcili di vizio, la Viola di Shakespeare una mezzana, il Misantropo di Molière un rapitore di donne, e l'Agnese del medesimo un'adultera.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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