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      Da un lato, è mestieri ammettere che il progresso della civiltà ha scemati i comodi fisici d'una parte delle classi più povere. È stato già notato come, avanti la Rivoluzione, molte migliaia di miglia quadrate di terra, adesso chiusa e coltivata, erano pantani, foreste e scopeti. Di cotesti terreni selvaggi molta parte, per virtù della legge, era comune; e molta di quelli che non erano comuni per legge, valeva sì poco, che i proprietari la lasciavano essere comune di fatto. Ivi i fuggiaschi e i trasgressori si tollerava che stessero in modo affatto ignoto al dì d'oggi. Il contadino che vi abitava, poteva di quando in quando, con poca e nessuna spesa, aggiungere qualche cosa al suo scarso alimento, e provvedersi di combustibili per l'inverno. Teneva un branco d'oche là dove adesso sorgono giardini e pometi. Tendeva reti alle galline selvatiche sul padule, che dappoi è stato seccato, e partito in campi da grano e da rape. Tagliava frasche là dove ora vedonsi prati verdeggianti di trifoglio, e rinomati per il burro e il cacio. Il progresso dell'agricoltura e lo accrescimento della popolazione necessariamente lo privarono di cotesti privilegi. Ma di fronte a siffatti mali è da porsi una lunga serie di beni.
      LVI. De' beni che la civiltà e la filosofia conducono seco, gran parte è comune a tutte le classi; ed ove si perdessero, verrebbero deplorati sì dall'operaio come dal magnate. Il contadino che adesso in un'ora può giungere col suo baroccio al mercato, cento sessanta anni addietro vi consumava un giorno intero.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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