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      X. Il dì 9 di novembre, le Camere si ragunarono. I Comuni furono chiamati alla barra de' Lordi a udire il discorso della Corona, profferito dal Re stesso sul trono. Lo avea composto da sè. Congratulossi coi suoi amatissimi sudditi di vedere spenta la ribellione nelle Contrade Occidentali; ma soggiunse che la celerità onde quella ribellione era nata e formidabilmente cresciuta, e la lunghezza del tempo in che essa aveva infuriato, dovevano convincere ciascuno quanto poco conto si potesse fare delle milizie cittadine. Aveva per ciò aumentata l'armata regolare. Le spese a mantenerla quinci innanzi sarebbero più che raddoppiate; ed aveva fiducia che i Comuni gli concederebbero i mezzi a provvedervi. Annunziò poi agli uditori d'avere impiegati parecchi ufficiali i quali non s'erano sottoposti all'Atto di Prova; ma egli li conosceva ben degni della pubblica fiducia. Temeva che gli uomini astuti si sarebbero giovati di cotesta irregolarità per turbare la concordia che esisteva tra lui e il Parlamento. Ma gli era forza di parlare schietto, dichiarando di essere fermissimo a non dividersi, da servi sulla cui fedeltà ei poteva riposare, e del cui soccorso forse tra poco tempo avrebbe egli avuto mestieri(587). La esplicita dichiarazione, ch'egli aveva rotte le leggi dalla nazione reputate principalissime tutrici della religione stabilita, e ch'egli era determinato a persistere nel violarle, non era atta a mansuefare gli esasperati animi de' suoi sudditi. I Lordi, rade volte inchinevoli ad iniziare l'opposizione al Governo, consentirono a votare formali rendimenti di grazie per le cose espresse dal Re nel proprio discorso.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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