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      Biasimò i Comuni di non essersi messi in una via più ardimentosa, dicendo: "Essi hanno avuto timore di parlare schietto. Hanno ragionato di sospetti e di gelosie. Che c'entrano qui le gelosie ed i sospetti? Essi sono sentimenti che provansi per danni incerti e futuri; e il male che stiamo esaminando non è futuro nè incerto. Esiste un esercito stanziale. È comandato da ufficiali papisti. Non abbiamo nemico straniero. Non v'è ribellione nel paese nostro. A che fine, dunque, si mantengono tanto numerose forze se non per abbattere le nostre leggi, e stabilire il potere arbitrario, cotanto giustamente abborrito dagli Inglesi(606)?"
      Jeffreys parlò contro la proposta con quel rozzo e feroce stile di cui egli era maestro; ma si accôrse subito non essere così agevole atterrire gli alteri e potenti baroni d'Inghilterra nella loro sala, come lo era intimidire gli avvocati, il cui pane dipendeva dal favore, o gli accusati le cui teste erano nelle mani di lui. Un uomo che abbia passata la vita ad aggredire ed imporre ad altrui, sia quale si voglia supporre il suo coraggio ed ingegno, generalmente, qualvolta è rigorosamente aggredito, fa meschina figura: imperciocchè, non essendo avvezzo a starsi sulla difensiva, si confonde; e il sapere che tutti gl'insultati da lui godono della sua confusione, lo confonde vie maggiormente. Jeffreys, per la prima volta da che era divenuto grand'uomo, veniva incontrato a condizioni uguali da avversari che non lo temevano. A soddisfazione universale, era quella la prima volta ch'egli passava dallo estremo dell'insolenza allo estremo dell'abbiettezza, e non potè frenarsi di spargere lacrime di rabbia e di dispetto(607). Nulla, a dir vero, mancò ad umiliarlo; poichè la sala era piena di circa cento Pari, numero maggiore anche di quello che vi s'era trovato nel gran dì del voto intorno alla Legge d'Esclusione.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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