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      Uno scrittore, le cui opere voluminose in diversi rami della letteratura, trovano numerosi lettori cento trenta anni dopo la sua morte, può avere avuto grandi difetti, ma è mestieri che abbia anche avuto meriti grandi; e Burnet aveva grandi meriti, cioè fecondo e vigoroso intelletto e stile, ancorchè ben lontano dalla intemerata purità del bello scrivere, sempre chiaro, spesso vivace, e talvolta inalzantesi fino alla solenne e calorosa eloquenza. Nel pulpito, lo effetto de' suoi discorsi, ch'egli recitava senza sussidio di manoscritto, era accresciuto dalla nobiltà della sua persona, e da un modo patetico di porgere. Spesso veniva interrotto dal profondo fremito del suo uditorio; e quando, dopo d'avere predicato tanto che fosse trascorsa l'ora dell'oriuolo a polvere - che a que' giorni era parte degli ordegni del pulpito, - egli lo prendeva in mano, la congrega clamorosamente lo incoraggiava a seguitare finchè la polvere non fosse passata di nuovo(811). Sì nel suo carattere morale, che nello intellettuale, i grandi difetti erano più che compensati da grandi meriti. Tuttochè spesso fosse traviato dai pregiudizi e dalla passione, era uomo onesto per eccellenza. Tuttochè non sapesse resistere alle seduzioni della vanità, aveva spirito superiore ad ogni influenza di cupidigia o timore. Era, per indole, cortese, generoso, grato, compassionevole(812). Il suo zelo religioso, comunque fermo ed ardente, era per lo più temperato d'umanità, e di rispetto pei diritti della coscienza. Vigorosamente aderendo a quello ch'egli credeva spirito del Cristianesimo, considerava con indifferenza i riti, i nomi e le forme dell'ordinamento della Chiesa; e non era punto inchinevole ad essere severo anche con gl'infedeli e gli eretici la cui vita fosse pura, e i cui errori sembrassero più presto effetto d'intelligenza pervertita, che di cuore depravato; ma, al pari di molti dabbene uomini di quella età, considerava il caso della Chiesa di Roma come una eccezione a tutte le


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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