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      Vasta è la messe; manca chi la raccolga. Voi sapete quanto si accrebbe il numero delle vostre chiese, e come si è aperta la via innanzi al Vangelo per la tregua, di cui, come c'è noto, godeste per ben tre anni. Fate ogni sforzo per procurare a noi lo stesso bene; fate che sia compartita anche a noi la consolazione, che viene unicamente da Cristo, a noi che giornalmente soffriamo per lui. Imperocchè il nostro fervido desiderio consiste in volere sparsa la parola di Dio sopra tutta la terra; ma non abbiamo chi ci nutrisca, se pure la nostra povertà non viene soccorsa dalla vostra ricchezza (181)".
      Il Milanese, fin dal 1524, vantava de' riformati (182). Due cause contribuirono in quel paese alla propagazione di quella dottrina: la prima fu la vicinanza del Piemonte, e della Savoja, dove da lungo tempo s'erano rifugiati i valdesi superstiti alla persecuzione. La seconda causa fu lo stato vacillante del ducato, per la lunga lotta insorta sulle pretensioni a quella sovranità, fra Carlo V e Francesco I, e l'occupazione alternativa delle armi dei due monarchi, a cagione di che gli sforzi dei riformatori restavano inosservati. Paolo III nel 1536, in un breve al vescovo di Modena, dice di essere informato, che nell'illustre e religioso stato di Milano erano state di fresco scoperte delle conventicole di [118] persone nobili d'ambo i sessi, appartenenti ad una setta, che professava, e osservava i dogmi di un fra Battista da Crema, da cui si alimentavano molte eresie, condannate dall'antica chiesa.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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